rabbia lutto

Quando il dolore diventa rabbia

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Oggi avrei voluto scrivere di perdono ed accettazione. Avrei idealmente perdonato tutte le persone dalle quali mi sono sentita dire “Era solo un cane, prendine un altro!” perché si sa, ci si deve passare per capire. Avrei perdonato colui o colei che ha investito e poi abbandonato Gretel morente in strada nonostante avesse una medaglietta ed io fossi dietro l’angolo, perché si sa, le persone cattive esistono. Avrei perdonato la vita che mi ha tolto improvvisamente la cosa più bella che avevo, perché si sa, le cose brutte accadono.

Mentre pianificavo mentalmente quel che avrei voluto scrivere eccola che torna a trovarmi una mia vecchia compagna, colei che mi ha fatto compagnia nei primi terribili momenti del lutto. Colei che si è prepotentemente piazzata tra il mio dolore e la mia negazione, colei che incurante di chi avessi intorno mi costringeva ad urlare ed imprecare contro il cielo. Vecchia amica rabbia, ti avevo quasi dimenticata ma oggi sei tornata per ricordarmi che non è ancora arrivato il momento del perdono.

Ed eccomi quindi a parlare di lei. Non ha bisogno di presentazioni, sapete esattamente chi è e per coloro che pensano di non averla mai conosciuta durante il processo del lutto propongo un semplice test. Segnate con una x quali tra i seguenti pensieri avete espresso immediatamente dopo la morte del vostro amato animale.

Perché è dovuto accadere proprio a lui/lei?

Come ha potuto lasciarmi così?

Perché il veterinario non mi ha ascoltato?

Perché è andato/a via così presto?

Cos’ho fatto di sbagliato?

Come ha potuto Dio lasciare che questo accadesse?

Sono una brava persona, perché è successo a me?

Dove erano i miei amici quando è morto/a e avevo bisogno di loro?

Perché si è ammalato/a se l’ho sempre curato/a?

Perché la vita è così ingiusta?

Bene, se ne avete individuato anche solo uno ora provate a ricordare quali sensazione l’hanno accompagnato. Dolore senza dubbio, tristezza sicuramente. Ma la vera “madre” di questi pensieri è stata senza dubbio la rabbia. A volte essa si maschera da senso della giustizia, altre ancora da senso di colpa, spesso veste i toni accesi della disperazione, ma è sempre lei.

Cos’è la rabbia?

Per prima cosa de-stigmatizziamo il concetto di rabbia. Tutti si arrabbiano – so che non è carino, delicato o lusinghiero ammetterlo – ma è vero. Sebbene la rabbia si manifesti in modalità diverse da individuo a individuo- alcuni stringono i denti, alcuni rimangono calmi, alcuni diventano rossi, altri addirittura ridono – ciò che accade nel cervello è generalmente lo stesso per tutti.

Molto semplicemente alcune sostanze chimiche vengono rilasciate e bilanciate rapidamente tra l’impulsiva amigdala che vorrebbe solo scatenare la sua ira funesta distruggendo tutto ed il più pacato ed educato lobo frontale che l’acquieta dicendole “datti una calmata!”.

La rabbia viene fatta coincidere con la seconda fase del processo del lutto. Nella prima fase di negazione ci si sente persi o quasi anestetizzati, come scollegati dal mondo. Gradualmente il senso di stordimento lascia spazio ad una sempre maggiore consapevolezza e la realtà ci investe così con tutta la sua portata deflagrante generando in noi una risposta di irascibile ribellione ad essa. Maledetta sia la malattia che se lo è portato via! Maledetta sia la loro vita troppo breve! Maledetto sia il veterinario! Maledetta me!

Che sia infarcita di senso della giustizia o giustificata dagli eventi che abbiamo vissuto, la rabbia è la più primordiale delle reazioni. E’ una sana risposta adattiva all’ambiente che ha uno specifico scopo biologico. Essa può servire da catalizzatore per affrontare costruttivamente uno scenario di vita nuovo.  

La rabbia identifica e risolve problemi e schemi disadattivi nelle relazioni. Protegge ed evita eventi, individui e circostanze indesiderabili o minacciose. Ma la rabbia è soprattutto un modo per cercare di affermare e mantenere il controllo su una situazione di vita che ci sfugge, anche se a volte è diretta verso eventi su cui non abbiamo alcun potere, come appunto la morte di qualcuno che amiamo.

Sotto questo punto di vista la rabbia è quindi utile ed è segno che si sta progredendo nel processo di elaborazione del lutto. Essa inoltre rappresenta una riserva inestimabile di energia capace di risvegliarci alla vita e alla realtà. Ma va ben indirizzata ed orientata ad uno scopo che sia costruttivo. Deve aiutarci a guarirci e non a distruggerci.  

Perché proviamo rabbia?

Inutile girarci intorno, la verità è che a volte la vita fa davvero schifo, è ingiusta, è crudele, è beffarda. Crediamo di avere tutto sotto controllo, di gestire responsabilmente la nostra vita e quella dei nostri adorati animali. Diamo loro il meglio, le migliori cure, il miglior cibo, la migliore vita, credendo che questo basti a darci totale potere sulla loro sopravvivenza. Ma non è così , l’amore purtroppo non basta a salvare e ci ritroveremo prima o poi ad essere catapultati in una condizione di impotenza e disperazione.

La natura della morte non lascia spazio a nessun tipo di trattativa. Siamo totalmente impotenti. Ciò è in contrasto stridente con la libertà che avevamo di prendere ogni decisione prima che la vita dell’animale ci fosse brutalmente portata via. All’improvviso ci hanno resi inermi, ci hanno derubato del nostro amore e della nostra gioia.

Wallace Sife

Ci renderemo conto che nel vuoto lasciato dalla morte del nostro adorato animale la rabbia resta l’unica forza davvero tangibile e reale. Sembra essere l’unica vestigia che ci rimane di lui ed aggrappandoci ad essa sentiamo che stiamo alimentando ancora la sua memoria. Faremmo qualsiasi cosa pur di ridargli una qualsiasi forma di presenza nelle nostre vite.

Ed ecco che in questa fase e con questo stato emotivo potremmo essere spinti a muovere azioni legali contro chi riteniamo responsabile della sua morte, che sia il veterinario o l’autista sbadato di turno. Potremmo decidere di allontanare amici o parenti che abbiamo sentito poco partecipi al nostro dolore. Potremmo arrivare a rivolgere questa stessa rabbia contro noi stessi alimentando inutili sensi di colpa.

E ci ritroveremo sempre più soli.

Come affrontarla?

Vivendola e dandole voce! Come ogni carica emozionale, positiva o negativa che sia, essa va fatta decantare e defluire nella giusta direzione. Inutile reprimerla o ignorarla, lei sarà sempre lì pronta a farsi viva nei momenti più sbagliati. Bisogna riconoscerne la legittimità ed impare a discernere gli atteggiamenti costruttivi da quelli distruttivi.

Suona difficile lo so, per questo vi riporto un semplice esercizio suggerito dallo psicologo americano Wallace Sife, autore di Addio amico mio, una piccola Bibbia per chi sta attraversando il dolore del lutto di un animale domestico.

Ci vorranno almeno un paio di sedute per finire l’esercizio e trovarlo utile. Non provate a far tutto in un’unica seduta: avete bisogno di tempo per riflettere sulle cose e aggiungere a poco a poco delle voci agli elenchi. Dovrete stilare due liste con il titolo generico di “Rabbia”. Numerate singolarmente ogni voce dell’elenco. Lasciate molto spazio fra una voce e l’altra per successive aggiunte.

  1. Su una pagina scrivete i nomi delle persone con cui siete molto arrabbiati. Non includete voi stessi.
  2. Preparate una seconda lista con i nomi delle persone da cui vi sentite meno offesi durante il lutto. (Saranno le prossime vittime della vostra rabbia.)
  3. Dopo aver finito questi elenchi, riprendeteli in mano e scrivete le ragioni per cui ritenete che ogni persona sia “colpevole”.
  4. Fate una terza lista con i nomi di istituzioni, situazioni o qualunque altra cosa che secondo voi è anche solo lontanamente responsabile di aver provocato in voi il dolore inutile del lutto.
  5. Stilate un’ultima lista dal titolo “Io”. Elencate tutte le ragioni per le quali siete arrabbiati con voi stessi.

Mettete da parte gli elenchi per almeno un paio di ore prima di aggiungere altro e poi rileggeteli. Ripetete l’operazione per alcuni giorni. Quando alla fine avrete l’impressione che non ci sia più nulla da aggiungere, riscrivete tutte le liste strutturando in maniera ordinata le idee aggiunte. Sistemando le pagine avrete un quadro nuovo e più oggettivo della situazione. Ciò vi aiuterà moltissimo, e capirete perché. Nella semplicità di questo esercizio capirete ben presto come il mettere per iscritto le cause della propria rabbia aiuti a focalizzarsi su quali di queste abbiano davvero ragion d’essere. L’avete lasciata parlare, le avete dato diritto di esprimersi e solo grazie a questo l’avrete acquietata. Probabilmente alla fine di questo training riuscirete a cancellare molti nomi dalla lista nera e vi auguro che il primo ad essere cancellato sia proprio il vostro

Nella semplicità di questo esercizio capirete ben presto come il mettere per iscritto le cause della propria rabbia aiuti a focalizzarsi su quali di queste abbiano davvero ragion d’essere. L’avete lasciata parlare, le avete dato diritto di esprimersi e solo grazie a questo l’avrete acquietata. Probabilmente alla fine di questo training riuscirete a cancellare molti nomi dalla lista nera e vi auguro che il primo ad essere cancellato sia proprio il vostro.

Fonte: Wallace Sife, Addio amico mio, Armenia editore

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