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La comprensione della morte ed il senso della vita sono state questioni storicamente di competenza religiosa ma prima ancora di natura filosofica. La stessa filosofia nasce proprio per dare risposta ai grandi misteri della natura. Prima ancora di chiedersi perché esistessero il giorno e la notte e quale sia il motore che muove il mondo, i primi filosofi hanno cercato di rispondere alle domande più cogenti dell’umanità. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Nasce così la teleologia, un indirizzo di pensiero che parte dall’assunto che nell’intera realtà ci sia un fine più grande, uno scopo che val la pena indagare. Si nasce dunque per uno scopo, si vive per uno scopo ma soprattutto si muore per uno scopo.
Le concezioni teleologiche hanno influenzato le prime e rudimentali visioni mitologiche e filosofiche che l’umanità ha maturato nel tentativo di comprendere la vita. Nel corso della storia dell’uomo sono poi nate credenze ben più organizzate, con un sistema definito di dottrine e pratiche che hanno tentato di rispondere a quelle stesse domande e le cui risposte hanno fortemente inciso sulla stessa vita sociale dell’uomo.
Non è ora mia intenzione dissertare sulla natura e la validità di queste credenze, sarebbero troppi gli aspetti da indagare e mi allontanerebbero dallo scopo di questa riflessione. Inoltre ritengo che l’aderire o meno ad un orientamento religioso sia una questione personale prima ancora che culturale e per tale ragione nutro un profondo rispetto verso chi ha la forza di credere.
L’aspetto sul quale desidero invece focalizzarmi è piuttosto un altro. Mi chiedo quanto il dolore del lutto possa farsi motore che muove verso quelle antiche domande rimaste sepolte. O altrimenti delegate al proprio sistema di credenze.
Faccio qualche passo indietro. Sono stata battezzata, ho ricevuto la comunione, sono persino stata cresimata seppur con “rito abbreviato” solo per accontentare mia sorella che voleva fossi madrina delle mie nipotine. La mia educazione è stata quindi convenzionalmente cattolica. La mia povera mamma provava ogni domenica a portarmi in chiesa ad ascoltare la messa. Un giorno ci ha rinunciato perché, nell’esatto momento in cui i fedeli mangiavano “il corpo di Cristo”, io ho sfilato dalla sua borsetta un pacchetto di patatine ed ho mangiato “il corpo del peccato (di gola)”.
Non ho scelto di non credere, giuro di averci provato in molte fasi dolorose della mia vita. Ma il mio spirito eccessivamente critico, la mia infantile avversione verso tutte le regole preconfezionate di cui spesso alcune religioni si fanno forti, i miei studi filosofici che mi hanno educato a rifuggire qualsiasi verità imposta, hanno interrotto il mio cammino verso la fede.
Poi Gretel è andata via. Ecco, non riesco neppure a dire che sia morta, perché nel mio vocabolario personale la parola morte è sinonimo di fine, per sempre. E con questo trapasso (esatto, non morte ma trapasso, che vuol dire letteralmente passaggio da un luogo a un altro o da una ad altra condizione) tutto è cambiato. Ho rispolverato quelle domande da tempo messe da parte ed ho provato a dar loro una risposta. E’ così cominciato un viaggio spirituale di ricerca e conoscenza.
C’è un oltre vita per noi uomini e per gli animali che coabitano con noi su questo pianeta? Dove sta ora Gretel? Il suo corpicino è ora coperto da foglie secche e terra alla quale ritornerà come nutrimento. Rientrerà nel miracoloso circolo naturale di vita e morte della materia. Ma dov’è veramente lei? La sua dolcezza, la sua bontà, la sua intelligenza? Tutto questo era solo il riflesso di un altrettanto miracoloso congegno neuronale e biochimico? No. La mia risposta istintiva, viscerale, forse solo disperata, è sempre stata no. Non mi sono accontentata delle frasi maldestramente consolatorie del tipo “finché è nella tua memoria lei è viva”, “lei vive negli splendidi ricordi della vostra vita insieme”. Lei DEVE essere altrove, devo solo scoprire dove.
Dopo il suo trapasso la mia natura indagatoria e critica, da ostacolo alla fede, è diventato strumento di ricerca di una possibile verità. Ho letto, studiato, indagato. Dal sistema di credenze dei Nativi Americani alla teoria dei microtubuli della fisica quantistica, dal Libro Tibetano dei Morti alla filosofia giudaico-cristiana, dal principio dell’Entaglement allo Spiritismo di Allan Kardec, dalle esperienze di premorte alle ultime scoperte in campo neurobiologico. Ho unito il sacro al profano, la scienza alla fede, l’irrazionale alla logica.
Non ho trovato delle risposte, non quelle definitive almeno, ma ho ritrovato me stessa ed il mio bisogno di nutrimento spirituale da troppo tempo occultato. Ho trovato molte prove che, sebbene da sole non bastino a generare una verità assoluta, sono sufficienti ad alimentare non solo la speranza ma anche la certezza. Ed ho trovato delle persone speciali che, pur non conoscendomi, mi hanno aperto il loro cuore e la loro visione del mondo dandomi un inestimabile conforto nei miei giorni più bui.
Chi siamo? Non ci è dato saperlo ma sicuramente siamo molto di più di quello che la sola scienza riesce a spiegare (e non dimentichiamo che le scienze moderne sono figlie “ingrate” della mamma Filosofia).
Da dove veniamo? Non ci è dato saperlo ma sicuramente non veniamo solo da un incontro accidentale o voluto tra una cellula uovo ed uno spermatozoo.
Dove andiamo? Non ci è dato saperlo ma sicuramente dopo la morte fisica non saremo solo un mucchio di particelle in viaggio verso l’Universo. Per quanto sia estremamente romantica l’idea di alimentare le stelle.
Tra la domanda fondamentale e la vaga risposta c’è un grande mondo che ho in parte esplorato e che in questo blog desidero condividere con i lettori affinché ciascuno trovi la sua verità.